LA GIUSTIZIA e LA LEGGE
Il termine giustizia deriva da ius = diritto.
Indica la conformità del comportamento di una persona ad una norma
(legge) ed è una prescrizione di condotta vincolante per la comunità.
Gli uomini in ogni epoca storica (anche se in forme e con
risultati diversi) hanno sempre preteso la giustizia: non essere
trattati in modo ingiusto.
Giustizia come aspirazione a uguale trattamento (in campo medico,
scolastico, lavorativo), equa distribuzione delle risorse e dei beni pubblici e
imparzialità di fronte alle leggi.
È possibile individuare una nozione assoluta di
giustizia? Appare quasi impossibile, come leggiamo in un articolo di G.
Zagrebelsky, giurista ex presidente della Corte costituzionale. I criteri di
giustizia che valgono per uno non valgono necessariamente per un altro.
I giureconsulti romani: “unicuique suum tribuere” =
attribuire a ciascuno il suo,
ma il
suo rimane indeterminato (il suum dello schiavo è di-
verso da quello del
console)
La Bibbia: “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse
fatto a te”;
“tratta
gli altri come vorresti essere trattato”;
un
appello all’uguaglianza, ma le aspettative umane sono infinite e varia
è la
natura umana.
Occorre quindi accettare un sistema di valori sostanziali che
diventano vincolanti tramite le leggi. Le leggi non sono neutre, dipendono
dalla politica e da chi è al potere: la giustizia assoluta sembra un’illusione.
1 Nei poemi
omerici: la conformità alla legge divina;
Nell’Iliade e nell’Odissea, poemi
che costituiscono il fondamento della civiltà occidentale, la giustizia (Dike) è l’ordine cosmico di cui gli dèi sono custodi
e che non può essere infranto. Chi si ribella e pretende di imporre la sua
volontà commette hybris (tracotanza)
e verrà punito dalla giustizia divina.
2 L’esigenza di una legge scritta dagli uomini;
Con l’inizio del VI secolo a.C. si
sente l’esigenza di passare dalla legge divina a un sistema di leggi condivise
dalla comunità.
La polis: creazione
di un nuovo sistema giuridico e politico (soprattutto ad Atene).
Con l’espandersi dei commerci, si
ha fioritura filosofica, culturale ed artistica e maggior considerazione dei diritti e doveri dei cittadini.
Le riforme di Solone e Clistene affermano
l’isonomia = uguaglianza di fronte alla legge e l’isogoria = diritto di tutti i cittadini di parlare nelle
pubbliche assemblee.
Uguaglianza con molte eccezioni:
riguarda solo i cittadini liberi (non le
donne, i bambini e gli schiavi) e non i singoli, ma i membri delle varie classi
produttive.
Comunque, la politica diviene luogo di elaborazione di regole che tutti
devono rispettare e possono essere modificate con una discussione democratica.
3 I sofisti: conflitto tra legge di natura e legge umana
Con la crisi della polis
seguita alla guerra del Peloponneso inizia un dibattito che mette in
discussione il valore assoluto della giustizia.
Protagonisti sono gli esponenti
della sofistica.
Antifonte: la legge di natura porta al rispetto dell’uguaglianza e della
dignità di ogni uomo, perché regola universale e necessaria – le leggi umane (positive) sono
condizionate dalle situazioni e dal volere dei singoli, determinando diseguaglianza e favorendo gli interessi di pochi.
Nei tribunali: con la forza di persuasione il colpevole può convincere il giudice.
Trasimaco: gli
uomini non sono uguali per natura e la loro disuguaglianza si rispecchia
nell’ordine sociale. In natura prevale il diritto del più forte, in politica
chi si dimostra più convincente e capace.
La legge diventa strumento dei più potenti per far
prevalere il loro interesse.
Callicle: di segno
opposto le sue posizioni.
Conflitto tra nòmos (legge) e physis (natura):
le leggi sono strumenti utilizzati dai più deboli, la maggioranza, per
tutelarsi nei confronti dei più forti. In natura invece i più forti e validi
sottomettono i più deboli.
Anche in politica dovrebbe avvenire come in natura e al governo dovrebbero arrivare i più dotati.
4 Eredità dei sofisti nel dibattito sulla giustizia: giusnaturalismo e giuspositivismo.
La riflessione dei sofisti
sottolinea una distinzione tra livello universale dei principi di
giustizia “naturali” (sia iscritti nell’ordine divino del cosmo che nella
natura razionale dell’uomo) e quello relativo e contingente delle leggi
“positive”.
Come osserva Zagrebelsky è più
facile trovare criteri universali sulla consapevolezza di ciò che è ingiusto. Un comune sentimento innato del diritto
riguarda che cosa è inaccettabile da un
punto di vista etico (non subire discriminazioni e umiliazioni, essere
tutelati nella dignità).
5 Platone e l’ideale di giustizia
La critica ai sofisti: giudica le loro tesi
distruttive.
Nel prologo alla Repubblica, confutando le tesi di Trasimaco,
nega che la legge del più forte coincida con la giustizia e ritiene che
l’uso della legge come strumento di potere sia stolto, perché non
preoccupandosi del bene comune e pensando ad interessi personali l’insoddisfazione
del popolo può portare al rovesciamento del tiranno. La vera
giustizia è al servizio di tutti e produce concordia e solidarietà.
La giustizia è vista da Platone come ordine e armonia
- inizia ad analizzarne il concetto partendo dalla giustizia pubblica,
quella dello Stato, l’intero corpo sociale e le tre classi che lo
costituiscono:
· i lavoratori che producono beni materiali per il
sostentamento di tutti;
· i guerrieri che devono difendere i cittadini;
· i governanti che devono provvedere alla cura
generale della comunità.
Per Platone lo Stato è “l’uomo scritto a lettere maiuscole” e
la tripartizione sociale trova corrispondenza nella tripartizione
dell’anima:
·
l’anima razionale che presiede alla conoscenza;
·
l’anima irascibile in cui risiedono il coraggio e l’eroismo;
·
l’anima concupiscibile sede degli istinti.
Come i filosofi che governano devono riuscire a
conciliare le funzioni di ogni classe, così la ragione deve controllare
le passioni e sottometterle, in modo che la persona si comporti con
equilibrio.
L’ideale di giustizia: l’ordine dell’universo
deve essere riprodotto nelle istituzioni che regolano la vita associata
e nell’esistenza umana.
Le componenti diverse nella società portano con sé la
possibilità del conflitto, ma il confronto è necessario ad
elaborare le leggi, strumento per costruire la convivenza civile, che
debbono essere sagge ed eque, anche se non saranno mai perfette.
NELSON MANDELA e la giusta lotta contro la DISUGUAGLIANZA
Nella sua vita ha combattuto una dura lotta contro l’apartheid
(separazione).
In Sudafrica dopo la II guerra mondiale il governo
boero adotta una politica di segregazione razziale, con ingiuste
restrizioni alla popolazione nera discriminata rispetto all’etnia bianca.
Mandela per le sue battaglie all’interno dell’ANC (African
National Congress) viene incarcerato e condannato all’ergastolo con l’accusa di
terrorismo. Rimarrà in carcere ai lavori forzati per 27 anni.
Nel 1994 è stato eletto presidente del Sudafrica nelle prime
elezioni “multirazziali” del suo paese. La sua vita è un esempio di lotta
continua per far prevalere la giustizia nella società e per
diffondere una cultura del rispetto delle persone e dei loro diritti
fondamentali.
Altri esempi di queste battaglie sono
stati Martin Luther King e Gandhi, che hanno pagato con la vita.
Se oggi l’apartheid ci pare
assurda, pensiamo che negli USA non ci sono fontanelle separate per bianchi e
neri, ma i poliziotti uccidono ancora i neri, spesso restando impuniti. Le
disuguaglianze economiche, anche nel mondo occidentale, sono sempre più forti. Quelli
che fuggono da guerre e fame, se non soccombono per strada, vengono fermati da
molti paesi e trattenuti in luoghi che negano la dignità umana.
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