3 La
dottrina etica: l’anima, l’amore e la virtù
- pag 156
L’anima e la sua natura
Mentre per Socrate l’anima si
identifica con la vita interiore, per Platone rappresenta un vero e proprio principio
spirituale, affine alle idee e prigioniera di un corpo da cui deve
purificarsi attraverso la conoscenza (principio metafisico).
Nel “Fedone” Platone cerca
di dare le prove dell’immortalità dell’anima:
1.
La conoscenza basata sulla reminiscenza
implica la reincarnazione dell’anima (orfismo, pitagorismo) e quindi la
preesistenza dell’anima alla nascita
2.
L’anima, in quanto capace di conoscere le
idee, ha una natura a loro affine (eternità, immutabilità)
3.
L’anima è connessa strutturalmente all’idea
di vita (psychè=soffio vitale):
quando sopravviene la morte, l’anima sana, salva e incorrotta abbandona il
corpo
Il
destino ultraterreno dell’anima
Viaggio delle anime nell’Ade
(racconto mitologico): l’anima che ha compiuto azioni malvagie in
vita vagherà sola e incerta per un tempo stabilito dalla necessità prima di
giungere al Tartaro (luogo tenebroso dell’Ade=regno dei morti), mentre
l’anima temperata e saggia sarà accolta nella parte più alta del
cielo (l’etere).
Di conseguenza solo la filosofia
con l’apprendimento della verità e del bene può salvare l’anima nella sua vita
ultraterrena.
La
complessa struttura dell’anima
Platone distingue 3 parti
nell’anima:
1.
Razionale
a cui corrispondono gli uomini saggi in cui prevale la ragione
2.
Irascibile
a cui corrispondono gli uomini guerrieri in cui prevale il coraggio, il
desiderio di fama, ma anche l’ira e la vendetta
3.
Concupiscibile
a cui corrispondono gli uomini comuni in cui prevale l’istinto e il piacere
smodato dei sensi
Il mito
del carro alato
La struttura dell’anima
viene raccontata nel “Fedro”
con questo mito: L’auriga rappresenta la ragione, il cavallo
buono l’anima irascibile e il cavallo cattivo l’anima concupiscibile.
Metaforicamente rappresentano la lotta tra desideri contrapposti: il desiderio
carnale, le emozioni nobili, la ragione.
L’amore
come ponte tra mondo sensibile e mondo intelligibile
Nel “Fedro” l’amore appare come una forza che
permette all’anima di elevarsi dall’esperienza sensibile alla bellezza
ideale ed eterna, superando la divisione apparentemente inconciliabile fra
anima e corpo.
L’itinerario
dell’anima sospinta dall’amore
Nel “Fedro” Platone fa dire a Socrate che l’amore è sì una
pazzia, ma che non è sempre un male, perché essendo una dolcissima pazzia
divina permette all’anima dell’innamorato di percorrere tutte le tappe
che la porteranno a riconquistare il mondo intelligibile. La bellezza
dell’oggetto d’amore percepita attraverso gli occhi ravviva nell’anima il
ricordo della bellezza ideale che essa ha incontrato nell’iperuranio prima
della reincarnazione.
La
descrizione della natura di Eros nel Simposio
Nel “Simposio” si dibatte su: che cos’è l’amore? Qual è la sua
natura? Quali sono i suoi vantaggi e gli svantaggi?
Aristofane, il celebre
commediografo, sostiene che Eros, fra gli dei, è il più amico degli
uomini e ricorre al mito per spiegare l’originaria natura degli
uomini: un tempo essi erano distinti in tre generi: uomini, donne e
androgini (con natura maschile e femminile). Questi ultimi erano di forma
rotonda con quatto mani, quattro gambe, una testa con due visi rivolti in senso
opposto e due organi genitali. Erano inoltre molto forti e superbi, tanto da
ribellarsi agli dei. Zeus, invece di ucciderli, preferì indebolirli (anche per
garantirsi più sacrifici in favore degli dei). Vennero divisi in due, e così
nacque il sentimento di amore, come desiderio di ricomporre l’unità originaria
perduta.
Nel “Simposio” interviene Socrate,
che parte dal discorso di Aristofane (amare significa desiderare ciò di cui si
sente la mancanza), e introduce per bocca della sacerdotessa Diotima una
riflessione su Eros. Diotima attribuisce ad Eros una natura di demone
(né dio né uomo) e quindi duplice e contraddittoria: intermedia fra
uomini e dei, fra ricchezza e povertà, fra sapienza e ignoranza. Eros è scalzo
e senza casa (figlio di Penìa, la
povertà, la mancanza), ma è anche coraggioso, audace e risoluto (figlio di Poro che rappresenta l’espediente, la
risorsa e anche il passaggio verso altri luoghi e altre culture) e in quanto
tale filosofo nel senso letterale del termine. La filosofia è al tempo
stesso lògos e éros, conoscenza e amore, tra i quali non c’è
contrapposizione ma convergenza. Amore dunque è una forza che
permette di trascendere la condizione umana ed esprime nostalgia e
tensione verso l’assoluto. La procreazione dei figli che ne consegue
e il susseguirsi delle generazioni assicura agli uomini l’immortalità.
La virtù
e i valori
La virtù consiste essenzialmente
nella conoscenza del Bene (come per Socrate), ma Platone sviluppa una
dottrina più articolata e complessa. La guida della ragione sugli istinti e
sulle passioni (mito del carro alato) conduce a quattro virtù fondamentali:
1.
La saggezza
2.
La forza d’animo o coraggio
3.
La temperanza
4.
La giustizia
La virtù più importante è la
giustizia che nell’individuo si realizza quando ogni parte dell’anima
svolge solo e unicamente la propria funzione, garantendo l’armonia del tutto.
La morale platonica: l’uomo
virtuoso è per Platone colui che, come il filosofo, riesce a sollevarsi
al di sopra della materialità per accedere al mondo dell’intelligibile,
assimilandosi al divino da cui l’anima discende. Nel “Fedone” si afferma
che la filosofia è “preparazione di morte”: se il corpo
rappresenta un ostacolo per l’anima, con la morte del corpo si compie
il percorso di elevazione intrapreso dal filosofo con la conoscenza.
Commenti
Posta un commento